L'oasi sorge in un terreno che è stato trascurato dall'uomo per una ventina d'anni prima di questo progetto. Precedentemente, a partire dal 1975 l'area fu gestita dai Padri Passionisti, una congregazione clericale fondata da San Paolo della Croce. Alcuni membri di questa congregazione hanno costruito un “Villaggio Africano” al fine di mostrare le loro opere missionarie svolte in Africa; sono state piantate diverse piante esotiche e sono stati realizzate capanne e altri interventi che potessero richiamare le terre di missione. Nel 2002 i Padri Passionisti hanno abbandonato il terreno per ricostruire un villaggio più grande e un museo nel comune di Basella. Per vent’anni anni la zona non ha subìto alcun intervento di gestione ed è stata perciò soggetta solo ed esclusivamente alle leggi della natura. Indisturbata, l'area ha subìto profonde modifiche: da un lato, è stata possibile la proliferazione delle piante alloctone rimaste in loco o giunte dal territorio circostante; dall’altro, si sono insediate diverse specie animali e vegetali, talvolta di particolare interesse, che hanno trovato in quest’area un luogo ideale in cui vivere. Il motivo di questa rinnovata ricchezza biologica va ricercato nella localizzazione particolare di questo luogo, una piccola area verde che rappresenta tuttavia un'importante collegamento ecologico tra due fiumi, il Cherio e il Serio.
Questo progetto nasce dal desiderio di preservare, valorizzare e comunicare la bellezza della natura che ci circonda. Questo, unitamente al riconoscimento dell’enorme potenziale didattico ed educativo della realtà originaria in cui siamo immersi, ha fatto maturare nel tempo una proposta ambiziosa.
Si è pensato ad un’oasi naturalistica, un luogo nel quale la persona possa conoscere la natura, prendersene cura e godere di tutto il suo fascino. È nato un dialogo continuo con la realtà naturale; un dialogo costruttivo dal quale sono scaturiti, e continuano a scaturire, idee e interventi volti a favorire l’incontro tra le persone, dai più piccoli ai più grandi, e la natura nella sua totalità. L’intenzione non è stata quella di realizzare un giardino “ex-novo”, quanto di assecondare la presenza naturale già insediata in loco. Non un'opera di origine umana dunque, quanto un punto di incontro e armonia tra l’intervento delicato e moderato dell’uomo e il continuo e complesso dispiegarsi di un’opera naturale già presente.
«Dio pose l’essere umano nel giardino appena creato (cfr. Gen 2,15) non solo per prendersi cura dell’esistente (custodire), ma per lavorare affinchè producesse frutti (coltivare). … l’intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prendersene cura, perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere le potenzialità che Egli stesso ha inscritto nelle cose.»
(Laudato si’, Papa Francesco)
L’oasi è pensata come un luogo dove è possibile incontrare la natura, secondo il suo ordine e le sue leggi, attraverso sentieri e sedute. Lungo il percorso o in appositi spazi è possibile svolgere lezioni o attività didattiche, mentre la custodia di questo luogo può passare da lavori di manutenzione e di pulizia svolti con i ragazzi. Per permettere a tutti di esplorare i diversi angoli del luogo e al tempo stesso preservare le svariate forme di vita, è necessario riconoscere che il metodo più vero è un metodo imposto dalla realtà stessa del luogo.
L’oasi è pensata come un luogo dove la ricchezza di piante e animali si incontra con la possibilità di esplorare, conoscere e custodire tale ricchezza. Il criterio generale è stato e continua ad essere quello di partire dal dato, assecondando la natura presente e intervenendo soltanto con l’orizzonte di una valorizzazione del patrimonio naturalistico e della sua fruibilità. Tutto è dunque tentativamente pensato dentro ad un rapporto di interdipendenza persona-natura che metta l’una al servizio dell’altra e viceversa. L’oasi ha iniziato a prendere forma come luogo accessibile non sempre e non ovunque; per preservare e poter fruire un luogo ricco di biodiversità occorre fare un passo indietro e riconoscere i tempi e gli spazi della realtà naturale che ci circonda. Nell’ottica di questo rapporto armonico tra uomo e natura, risulta decisivo mettere in discussione i criteri con i quali è affrontato generalmente un luogo verde. Lasciare che, in parte, la natura segua le leggi stesse della natura garantisce il massimo grado di biodiversità possibile e favorisce al meglio il conseguimento dei principali scopi dell’area:
Ridurre al minimo l’intervento antropico porta all’incremento della biodiversità (la ricchezza di specie, in numero e diversità) e quindi ad una maggiore eterogeneità dell’area per quanto riguarda habitat, specie e condizioni ambientali. Questo favorisce la conservazione di un numero maggiore di piante e animali, tra le quali più probabilmente possono rientrare specie rare ed esigenti. Questo approccio naturalmente porta ad avere l’erba alta, il rovo e i tronchi in decomposizione; questi elementi, ai nostri occhi inutili e caotici , sono in realtà tra i più importanti per l’ecosistema e per il vero equilibrio naturale e la conservazione di molte specie.
Un luogo eterogeneo e ricco di biodiversità offre inevitabilmente maggiori opportunità di conoscenza (maggior numero e diversità di elementi naturali da conoscere, diversi colori, forme e paesaggi…)
Un alto livello di biodiversità garantisce più servizi ecosistemici e una loro maggior efficienza.
Inoltre, San Francesco ci ricorda come vi sia un'ulteriore spinta per l’uomo religioso:
“Quando i frati tagliano legna, [San Francesco] proibisce loro di recidere del tutto l’albero, perché possa gettare nuovi germogli. E ordina che l’ortolano lasci incolti i confini intorno all’orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto il creato. Vuole pure che nell’orto un’aiuola sia riservata alle erbe odorose e che producono fiori, perché richiamino a chi li osserva il ricordo della soavità eterna”.
Celano, Vita Seconda, 165
L’accesso all’oasi è dunque limitato e regolamentato; anche questo aspetto contribuisce alla tutela delle diverse specie animali e vegetali che costituiscono un serbatoio importante quanto fragile per poter fare didattica e le varie attività extracurriculari. L’ingresso, in questo modo, non è qualcosa di ovvio e scontato ma già un primo passo attento e motivato che riflette la natura di un’oasi viva che chiede rispetto e che dipende dalle modalità di fruizione e gestione delle persone coinvolte, anche se soltanto per una visita.
Un'ulteriore motivazione è evitare sovrapposizioni nella fruizione e un uso eccessivo che facilmente può diventare abuso. Il divenire un luogo “scontato” avrebbe inevitabili conseguenze in termini di rifiuti e danni al patrimonio naturalistico e alle componenti architettoniche
Ogni intervento o intenzione di questo progetto ha seguito, segue e vorrebbe continuare a seguire il criterio per il quale della natura, come disse lo scrittore Rigoni Stern, occorre “preservare l’interesse senza intaccare il capitale”.
Sistemazione e pulizia
La rimozione di gran parte dei rifiuti accumulatisi negli anni è avvenuta come primo passo nei mesi antecedenti l’inaugurazione dell’oasi, grazie all’ausilio di un escavatore e a diversi pomeriggi di lavoro con alcuni ragazzi dei licei. La cura e la pulizia del luogo sono state una grande occasione di incontro e di lavoro tra ragazzi e adulti e vogliono continuare ad esserlo, entro pomeriggi liberi e attività di educazione ambientale.
Fruibilità
Il percorso, ricavato nel tempo osservando la disposizione e lo sviluppo dei vari elementi naturali, attraversa senza invadere i vari ambienti collegandoli tra loro e fornendo punti di osservazione privilegiati. Nell’ottica di una fruibilità rispettosa e immersiva, il sentiero è in gran parte segnato semplicemente dal taglio costante dell’erba e dallo slancio verticale della vegetazione che lo delimita. Lungo i sentieri sono state inserite alcune sedute, costituite da elementi realizzati tramite la tecnica della gettata in cemento da ragazzi di una falegnameria del territorio in collaborazione con l’Associazione Formazione Professionale del Patronato San Vincenzo. Altre sedute sono costituite da ceppi naturali e sono posizionate in punti più nascosti per favorire momenti più immersivi e personali o attività di lettura e scrittura.
Incremento del valore ecologico
Al fine di incrementare il valore e la biomassa della componente arborea si è proceduto alla messa a dimora di circa 70 piantine di specie arboree e arbustive tipiche del nostro territorio. Insieme ai ragazzi del liceo e con l’aiuto prezioso del Dott. Gianmarco Mapelli, durante alcuni pomeriggi di lavoro, abbiamo piantato individui di Platano, Pioppo nero, Ontano nero, Rovere, Nocciolo, Frassino maggiore, Corniolo, Ciliegio selvatico, Melo selvatico, Olmo e Viburno lantana. Queste piante autoctone crescendo andranno a diversificare e implementare la componente boschiva, rafforzando un habitat fondamentale e sempre più limitato del nostro territorio. Inoltre, in alcuni punti, svolgeranno la funzione di effetto schermante contribuendo ad una funzionale separazione acustica e visiva tra l’oasi e i campi da gioco della scuola.
Nella zona centrale dell’oasi sono stati realizzati due stagni, uno piccolo e uno grande. La presenza di bacini d’acqua dolce e la loro diversificazione è l’apporto più significativo alla biodiversità dell’area. Gli stagni ospitano diverse specie floristiche e forniscono habitat e fonti di cibo a numerose specie animali; un piccolo stagno può ospitare una comunità animale e vegetale diversa da uno stagno più grande, anche in forza dell’inevitabile oscillazione del livello dell’acqua che lo caratterizza maggiormente. Già dalle prime settimane, in acqua si sono insediati numerosi invertebrati, come libellule e ditischi, e si è osservato il rapido arrivo delle rane verdi e la continua frequenza di uccelli, rettili e mammiferi che necessitano continuamente di fonti d’acqua. La vegetazione degli stagni viene da un vivaio specializzato in specie autoctone; sulle sponde sono stati messi a dimora esemplari di Carex elata, Carex paniculata, Carex pendula, Juncus effusus, Iris pseudacorus e Iris sibirica. Come piante sommerse e ossigenanti sono state inserite Ceratophyllum e Utricularia vulgaris (una specie carnivora sempre più rara in Pianura Padana) mentre come galleggiante è stata inserita con successo l’Hydrocharis morsus-ranae (pianta simile a ninfea ma più piccola).
Scopri di più sulla realizzazione e sulla vita degli stagni
I lavori di scavo per la realizzazione dello stagno più grande hanno reso disponibile una discreta quantità di terra che è stata recuperata e sfruttata per la formazione di una zona rialzata con diverse pendenze ed esposizioni che vanno a ricreare nuovi microclimi e microhabitat favorendo diverse specie animali e vegetali. Il grande cumulo di terra presenta una maggior capacità drenante e la parte esposta a Sud riceve anche una buona dose di radiazioni solari. In questo punto sono state messe a dimora alcune specie di piante nettarifere e aromatiche che incrementano la diversità e la bellezza floristica, favoriscono ed incrementano la biodiversità animale (soprattutto impollinatori) e arricchiscono colori e odori dell’oasi; tra queste citiamo la Margherita dei tintori, la Lavanda stoechas, la Saponaria officinale e l’Elicriso.
Nella realizzazione, e nella continua manutenzione, si è dunque cercato di favorire la fruizione pur mantenendo l’integralità di diverse zone. Il tentativo ambizioso di vivere pienamente il rapporto con la natura trova riscontro nei testi biblici che «ci invitano a “coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gen 2,15). Mentre “coltivare” significa arare o lavorare un terreno, “custodire” vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura» (Laudato si’, Papa Francesco)
La realizzazione dell’oasi è in continuo divenire, nell’intento di continuare ad assecondare gli sviluppi naturali e di trovare sempre nuove modalità per favorire l’incontro con gli elementi di interesse. L’Archè è un luogo ricco di vita e perciò vivo, e vive del rapporto continuo con chi lo custodisce e si occupa della manutenzione e dei nuovi interventi. Il desiderio è che la maggior parte dei lavori ordinari possa essere svolta dai ragazzi durante attività stabilite insieme ad uno o più adulti. In ogni caso non si tratta di un luogo statico e pronto all’uso, prestandosi come terreno fertile per nuovi progetti e nuove attività.
Il senso, l’intento, e dunque il nome del progetto merita di essere introdotto e svelato prendendo spunto dalla coscienza umana di uno degli uomini più emblematici della storia recente della scienza: siamo concordi con Albert Einstein quando afferma che «la più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero; sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza». Ebbene, la verità di una tale considerazione è rintracciabile fin dagli albori dell’attività di ricerca umana; essa assume, infatti, un respiro notevole se si guarda a ciò che accadde nella fase primordiale dello sviluppo del pensiero razionale: è proprio il senso del mistero stimolato dall’osservazione dell’elemento naturale ad aver suscitato nei primi filosofi dell’antica Grecia la domanda sull’origine, sul principio delle cose.
Il termine greco che corrisponde a “principio originario” è “Archè” e riteniamo che questa parola esprima adeguatamente l’intenzione che muove il nostro operato. Siamo convinti che una dinamica educativa fondamentale consista nel lasciarsi sorprendere da ciò che sta al di fuori di noi, in particolar modo dalla straordinaria creatività spontanea della natura. Se osservata “da veri scienziati”, secondo il senso specifico che Einstein ha brillantemente colto, essa non può che condurre a uno sviluppo sano del pensiero svolgendo una funzione profondamente didattica: suscitare in coloro che entrano nell’Archè la stessa curiosità sperimentata dai primi filosofi nei confronti di questo “mistero originario”, verso il quale la bellezza che ci circonda non può che richiamarci.